Michael Schumacher e l'incidente a Méribel: 10 anni con il fiato sospeso

Il 29 dicembre 2013 il Kaiser incappava in quella caduta sugli sci che ha cambiato per sempre la sua esistenza, oggi racchiusa in una bolla indefinita

29.12.2023 08:01

Fu un attimo. Un istante soltanto. Impercettibile forse, ma abbastanza profondo da cambiare una vita. Se il presente è solo un lampo temporale che divide passato e futuro, anche in maniera sottile, basta un niente perché le traiettorie del destino cambino per sempre. Méribel, 29 dicembre 2013. Laddove tutto quanto è cambiato per Michael Schumacher.

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Una caduta assurda

Fu un attimo, appunto. Poi il buio. Quel buio che ha inghiottito un'esistenza, quella di Michael Schumacher. Preso, forse per sempre, in una condizione indefinita, tragica e vigliacca. Soprattutto per chi affrontava la vita a trecento all'ora, oggi costretto in un letto che delimita un mondo. Il suo, di mondo, stravolto per sempre: ci sono ancora Corinna, Gina Maria e Mick, che oggi lo proteggono come lui proteggeva loro, disposto a tutto pur di rivendicare una privacy totale e sacrosanta. La stessa che oggi rivendica la famiglia, compresi babbo Rolf ed il fratello Ralf, dallo sciacallaggio mediatico, uno dei mali del terzo millennio. Dei beni raggiunti nell'epoca dei contratti con tanti zeri, è rimasto poco o niente: venduti perché effimeri, di fronte ad un dramma così. Resta la villa in Svizzera, di cui un'ala oggi è diventata la clinica privata per Michael; resta (a quanto sembra), una villa a Maiorca, utile per il clima mite. Resta l'affetto sconfinato di un popolo, quello dell'automobilismo, attonito e sbigottito da quell'assurda scivolata sugli sci del 29 dicembre 2013 a Méribel, in Francia. Ed arrabbiato per una serie di circostanze che oggi, con il senno di poi, bruciano più del sale su una ferita aperta: una sciata fuori pista in un giorno in cui la neve non era ideale, quella volontà, già discussa in famiglia, di spostarsi dalle nevi francesi al sole di Dubai, proprio a causa del manto nevoso non irresistibile. E l'incertezza di quella telecamera fissata sul caschetto in testa non si sa come, si dice con una vite più robusta, per evitare che il video risultasse troppo mosso. Non c'è certezza se quella telecamera e quella vite, nella dinamica, abbiano peggiorato la situazione diventando armi del delitto: non c'è certezza ma sarebbe stata una cosa da Michael, meticoloso e perfezionista anche quando se ne andava giù per la montagna durante una vacanza.

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Mai arrendersi

Di Michael, oggi, resta un archivio immenso di ciò che fu e niente di ciò che è. Archivi ufficiali e personali, per chi ha avuto occasione di vederlo dal vivo, lontano o vicino che fosse. Qua e là per il paddock, su un podio qualunque, un saluto verso la tribuna nei test al Mugello. Frammenti rari rimasti nell'aria e nella mente, oggi che tutto questo appartiene ad un passato lontano ed irrecuperabile. Perché se oggi Michael è così vicino pur essendo così lontano, è perché nel tempo ognuno lo aveva fatto in qualche modo suo. Sviluppando un affetto illogico, per una persona alla quale mai abbiamo stretto la mano, ma una persona che sembrava, con il passare degli anni e delle domeniche, far parte del quotidiano. Sembrava di conoscerlo, pure se lui si trincerava dietro una timidezza ed una riservatezza pressoché assolute. E oggi questa figura manca, anche solo per sapere che pensa: dell'amore di Corinna, della passione per l'equitazione di Gina Maria, di una carriera, quella di Mick, che nonostante gli intoppi non vuole saperne di reputarsi conclusa. Prossimo ai 25 anni, a Mick farebbero bene quelle parole che papà spendeva per i più sfortunati, lontano dalle telecamere: “Se ti arrendi, la dai vinta a chi ti ha fatto del male”. Lui era così. Riluttante a qualsiasi forma di rinuncia, intollerante alla parola “resa”. Tra tanti pregi e tanti difetti, da lui ci giunge una rara lezione di forza di volontà: era un talento naturale, ma Michael non sarebbe mai diventato Schumacher se non si fosse aggrappato a quella straordinaria forza di volontà che ha fatto la differenza tra lui e gli altri. Lezioni ed ispirazioni che restano anche adesso, in questo istante in cui una sua parola darebbe un senso a questi dieci anni di lotta in sospeso, in bilico in un'esistenza che non sappiamo nemmeno più che forma abbia.

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Michael, oggi

Oggi, laddove rombavano i motori e le urla di gioia, regna il silenzio. Poco o nulla ci è dato sapere da quell'ultimo bollettino medico che ha ufficializzato una lenta e faticosissima ripresa. Michael c'è, fanno sapere la famiglia e Jean Todt, un fedelissimo amico che non manca di far visita quando può: Michael c'è, ma è diverso. Comunica con gli occhi, a quanto pare. Ovvero, l'ultima parte del corpo che si può vedere prima di abbassare la visiera. “Ho sempre pensato che non ci si debba mai, mai arrendere, e continuare a lottare anche quando c'è una piccolissima opportunità”. Era la sua massima, questa. Ed oggi è bello ricordarlo così, qualunque forma e contenuto abbia questa lotta. Keep fighting, Michael. Oggi e per sempre.


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